venerdì 31 agosto 2007

Pubblico Ludibrio



Bellinzago, 31 agosto 2007.
Ore 13.30.
Ero seduto al solito baretto del Bennet a bere il mio caffè lungo senza zucchero in tazza grande. Mi stavo anche rollando una sigaretta, gesto inconsueto per quest’ora del giorno perché normalmente me ne concedo una solo dopo cena. Forse era un segnale, dovevo intuirlo, invece addebitavo l’anomalo nervosismo al ritardo dell’arrivo in porto del container di tute RITTER/Fr della RC03 di cui ero venuto a conoscenza poco prima.
All’improvviso il mio occhio cadde sul giornale che un camionista rumeno stava leggendo nel tavolo a fianco, lo teneva al contrario perché in realtà non sapeva leggere ma lo faceva per darsi un tono.
Ero al secondo sorso, mi pare, quando fuori dal mio controllo il caffè anziché scendere nel tubo appropriato (l’esofago) cambiò improvvisamente direzione scendendo diretto nella trachea. Un energico colpo di tosse e il suddetto secondo fatale sorso aerografò astrattamente il vestito di una signora che al banco sorseggiava il suo marocchino.
Mi alzai e ignorando le urla isteriche della tipa che non apprezzava l’opera di arte moderna che arricchiva il suo tubino bianco di misto-lino, strappai il quotidiano dalle mani dell’ esponente dell’est europa, lasciandolo sgomento.
Avevo visto bene, il titolo de LA STAMPA in prima pagina non dava alcuna possibilità di fraintendimento.
Dall’occhiello sopra il titolo appresi anche che sapevano dei miei recenti spostamenti, forse è stato il Blog a tradirmi, pensare che solo qualche giorno fa mi sono ripetuto la “prima regola del Fight Club” (cfr. post “Il frigorifero logora chi non ce l’ha” del 29 agosto).

Oramai è dunque un fatto NAZIONALE che ho tentato invano di tenere nell'ambito domestico seguendo la legge dei panni sporchi. Invece non ho più scampo, per rendermi irriconoscibile dovrò farmi quel caschetto biondo che fin da piccolo desideravo. Naufragata l'ipotesi di trovare ospitalità dai miei parenti in Germania, a Duisburg, sono risultati vani anche i tentativi di insabbiare la vicenda. Ho messo in pratica gli stratagemmi del caso, come usare nomi in codice del tipo ALFA-BRAVO-CHARLIE specie al telefono, che sapevo essere stato messo sotto controllo dalla Cupola Palermitana, già pronta con una vasca da bagno di acido per eliminare ogni traccia scomoda di un passato che la disonora con la mia presenza terrena, ma niente, qualcuno deve aver fatto una soffiata.
Maledizione!!
San Giacomo non ha fatto il suo dovere, aveva ragione Danilo, a Lourdes in ginocchio la prossima volta!

mercoledì 29 agosto 2007

Il frigorifero logora chi non ce l'ha


Sul mio frigo c’è un biglietto tra i tanti che dice “E’ una sorta di solitudine dover pensare per più di un istante a chi raccontare ciò che ogni giorno ti succede ” (ce n’è anche uno con scritto “A Viverone l’omosessualità regna sovrana” e che mi induce a rinnovare la cerchia delle amicizie, ma questa è un’altra storia …)
Oggi c’è il Blog che concede una platea teorica, una vetrina decisamente imprudente ma conscia e che permette di rimediare a quanto il mio frigorifero recita.
Ho deciso così di strumentalizzare lo strumento, pertanto tutte le mie patologie grafomani, le quali si concretizzano in annotazioni pressoché illeggibili prese in auto, nel notes sul comodino, appunti sopra ogni improbabile pezzo di carta rinvenuto in tasca e che fissano intuizioni improvvise quando attraversano spontaneamente la mia anguria, trovano spazio qui, in modo consapevolmente velleitario.
Io non ho coscienza di quanto sia saggio questo esercizio, né so se si esaurirà all’improvviso ed evito di soffermarmi troppo a lungo sui commenti di chi legge pur lasciando spazio a qualsiasi interpretazione. Il blogger è conscio di esporsi in un ambiente aperto, pur trattandosi al tempo stesso di uno specchio privato-condiviso.
Mi sono messo a frequentare e rovistare alcuni Blogs e ho visto quanto siano disparati, eterogenei, sconclusionati, in una parola LIBERI.
Per qualche oscuro motivo mi è poi improvvisamente balenata in mente la promessa fatta: “La prima regola del Fight Club e non parlare mai del Fight Club”. Non trasgredirò.

venerdì 24 agosto 2007

Meno male che adoro il vento



"Sembravi imprigionato in una sfera di cristallo, come quelle con i paesaggi invernali che scuotendole solo la neve si muove al suo interno.
Invece questa palla di vetro è stata capace di esplodere e solo adesso vedo le schegge che volano dappertutto e con loro anche la vita ristagnante che pareva ingabbiata irrimediabilmente in limiti invalicabili.
Ti credevo incapace di uscire da quei confini trasparenti e rimango attonito nel vedere lo spettacolo di quei frammenti sparsi ovunque."


In giornate come queste, dove il cielo che adoro ha quell’aspetto nordico, discontinuo, fatto apposta per farsi guardare per ore come una sequenza tratta da un film della "Qatsy Trilogy", consigliatissima , mi chiedo come sia possibile paralizzarsi su una considerazione, una e una soltanto e non capire che lo sguardo potrebbe rivolgersi in diverse altre direzioni, spinto dallo stupore concesso alla vista. Davanti a me un fronte nuvoloso nero, nerissimo mi fa presagire un’imminente pioggia torrenziale, poi dallo specchietto retrovisore vedo l’immagine delle montagne restituite con colori saturi da un sole limpido e accecante. Mi appaga pensare che le successioni di piani si alternino senza soluzione di continuità e penso così alle diverse direzioni che potrei prendere quando sono sotto un cielo come questo, stimolante e in continuo movimento. Mi piace pensare alle alternative che offre e alle diverse traduzioni ottenibili.
Un’altra nuova possibilità.

"Mi sorprendi ancora mentre ti ascolto e ti fisso stupito. Ti vedo incapace, irrisolto e prendo atto che esiste una tridimensionalità che ho forse trascurato ma che offre forme e interpretazioni distinte se solo mi fossi soffermato un po’ di più a guardare intensamente, in profondità ed oltre, dando ascolto a quella voce deliberatamente repressa e non considerata."

Resta incomprensibile come le logiche così fondate sembrino ora avulse da questa desolazione, dissipandosi con tanta arrendevolezza.

martedì 21 agosto 2007

Un coeur en hiver




Da qualche tempo non conosco la noia pur essendo consapevole, sebbene sia una mia caratteristica innata, che ciò nasca da una reazione spontanea di sopravvivenza.
Può risultare irritante, ma sono pervaso da iperattività istintiva inesorabile.
Dicono che non sia così grave, alcune persone hanno patologie ben peggiori.
Non riesco a sedermi neanche per pochi minuti, godendomi un po’ di indolenza e forse fin dalla fase REM del sonno elaboro le attività delle ore successive, specie quelle dei giorni non lavorativi. Lo faccio per me, ma senza forzature, involontariamente assecondo il benessere che questo accanimento determina.
Adesso che le giornate si fanno piovose e brevi, capisco che il periodo estivo trascorso è stato un prodigioso alleato, perché mi ha concesso grandi spazi e libertà autogestite nell’amata solitudine.
Non comprendo quindi, egoisticamente, chi soffre di questo tedioso stato d’animo.
Forse non solo non lo comprendo, ma mi provoca indignazione chi si lascia schiacciare da questa funesta inerzia.

Per questo motivo io adesso ti imploro di STUPIRMI, perché io ho bisogno di essere stupito. Mi rendo perfettamente conto d’essere esigente, ma non posso essere altrimenti.
Accetta le mie provocazioni perché ti sto mettendo alla prova, ho bisogno di segnali positivi evidenti, affinché la mia ingordigia maniacale non resti delusa né abbia ombre non più tollerabili, in aggiunta alle mie.
C’è una sorta di folle consapevolezza nel tormentarti e restituire il tuo valore, nel cercare pretestuosi spunti d’analisi per esaminare meticolosamente ogni tua sfumatura, specie quelle più oscure.
C’è una voce ossessiva che mi sussurra, mentre tengo gli occhi chiusi, “Divertiti” e “Lasciati andare” ricordo perfettamente il suo tono di voce mentre lo dice colpendomi duro, lo so che lui ha ragione e so altresì che ha centrato il mio vulnerabile e occultato tallone, pur conoscendomi da pochi istanti.
Ciò nonostante non chiedermi di snaturarmi, io pretendo che tu mi sorprenda e che lo faccia nuovamente, ne ho l’assoluta necessità, così come sento che non posso fare a meno di guardarti oltre e attraverso, questo è il danno non visibile e imperdonabile che a distanza di tempo non posso evitare di passare in rassegna con gli altri.
Ci sono parole che m’inorridiscono come “monotonia” e “apatia”, è per questo motivo che contrasto l’insofferenza con tanta tenacia.
Ci sono parole che mi seducono come “meraviglia” e “stupore”, è per questo motivo che divento così esigente in primo luogo con me stesso.
Adesso prova quindi a comprendermi un po’ di più, se è vero che non possiamo ridare forma al passato ma lavorare per erigere il futuro, tutto diventa più legittimo ed evidente.
E anche se fai parte di un’astratta proiezione mentale, di un appannato lineamento ideale, lascia che ti insegua ancora un po’.

mercoledì 8 agosto 2007

Santiago, mistico trasversale


Adesso che sei tornato cerchi di guardare dentro i giorni trascorsi dal 22 al 31 luglio.
Ci pensi ora incontrando i molti amici i quali, durante questo periodo, ti hanno trasmesso il loro entusiasmo che sommato al tuo ti ha fatto percorrere oltre 940 km.
Percepisci la curiosità nel sapere cosa porta a fare un’esperienza del genere e cosa succede una volta portata a termine.
Ma tu, semplicemente, NON LO SAI.
Hai però in mente tutte le sensazioni che in quei nove giorni passati sempre in sella alla "Poderosa" si sono susseguite. I primi km non li hai percorsi coscientemente, ma in uno stato di eccitazione incontrollata, che hai sentito infiammarsi dentro all’arrivo a Bayonne, vedendo i primi zaini dei pellegrini e parlando con le prime persone che dal CAMINO DE SANTIAGO tornavano.
Poi sono arrivati i giorni dei dolori ovunque e delle energie che prematuramente sembravano esaurirsi, avrebbero potuto rallentare molto il viaggio ma invece sono state uno stimolo ulteriore alla tua testardaggine, a riprova che non si trattava di fare un giro un bici ma un impegno con te stesso, forse eccessivo ma irrinunciabile. Avevi fissato molto scrupolosamente le tappe che sono saltate sistematicamente, per l’incapacità di fermarsi e la bramosia nel voler arrivare.
Ma non hai perso per questo motivo il piacere nel percorrere in sequenza la Navarra, Rioja, Burgo, Castilla y Leon e Galicia; osservavi sempre il paesaggio che attraversavi in silenzio fermandoti a scattare fotografie, l’unica vera testimonianza tangibile che ti riporta laggiù. I villaggi così come le vigne o i campi di grano o di girasole non sono passati inosservati, li hai in mente tutti, magari confondendo un po’ i nomi.
Italo Calvino in Collezione di Sabbia dice “Viaggiare non serve molto a capire ma serve per riattivare per un momento l'uso degli occhi, la lettura visiva del mondo” e la tua ingordigia di osservare è stata ampiamente soddisfatta e mai ignorata.
La percezione del tempo si è trasformata, si è affievolita e ha dovuto lasciare il campo alla percezione dello spazio; non importava il tempo impiegato, l’ora del giorno, il giorno della settimana ma era importante leggere l’orizzonte, la cartina delle altimetrie e cercare di dosare le forze in relazione delle montagne. Calcoli di chilometraggi e percentuali delle pendenza inusuali nella vita di ogni giorno, ma diventavano il pensiero quotidiano con la conseguente esultanza per il percorso lasciato alle spalle. Verificare con la fatica dove esattamente sta la tua soglia, il tuo limite, restare incredulo per riuscire a spostarlo in avanti proseguendo inesorabilmente come un Forrest Gump su due ruote. Ti ritrovavi, a tua insaputa, nel procedere spesso con la testa volta verso i piedi, osservando ipnotizzato il movimento dei pedali, regolare, continuo, pensando quante migliaia di giri le gambe magre e orgogliose hanno prodotto quel movimento che ti muovevano in avanti, sempre più avanti…
Poi partire da solo, a dire il vero una scelta forzata, è stata la chiave per sentirsi totalmente responsabile e artefice di ogni singola o irrilevante decisione ma soprattutto la chiave che ti ha permesso di incrociare le storie di tante altre persone e fatalmente condividerle; passare diversi giorni con Geert, un ragazzo belga con il suo strano carrellino agganciato alla bici, riuscire a ragionare – in inglese – su argomenti che in italiano fatichi ad affrontare emozionandosi reciprocamente al momento di salutarsi; parlare una sera intera con una splendida ragazza francese di temi ora superficiali ora personalissimi e accorgersi il giorno dopo di non sapere neppure il suo nome; ritrovarsi in una cucina di un cuoco cubano e preparare spaghetti all’amatriciana per 26 pellegrini di varie nazionalità che, sicuramente per fame eccessiva, ti ringraziano con una ovazione.
Queste sono le immagini che resteranno indelebili.
Certo è, e te ne rendi conto solo dopo aver condiviso momenti intensi con persone più disparate di ogni età e provenienza, che la religione non è il propellente principale di questa esperienza, se non per pochi fedeli, questo è il prodigio misterioso del Cammino!
Ma a te, come a tutti, interessa solo arrivare davanti a quella Cattedrale, nient’altro, sai che lì c’è lo zero, che rappresenta tutto quello che hai rincorso non solo dalla partenza ma forse da molto più tempo, sai che lì davanti da centinaia di anni arrivano pellegrini stremati e piangono svincolandosi di tutte le tensioni personali, fisiche o chissà di quale altra natura. E così resti lì davanti, paralizzato per minuti che possono essere ore, attratto e respinto da quella imponente inquietante sagoma barocca. All’improvviso crolli, ancora una volta un fotogramma rinchiude una moltitudine di stati d’animo finalmente liberi da ogni sorta di inibizione, liberi di straripare senza alcuna esitazione.
Adesso hai la sensazione di infinito svuotamento ma a pensarci bene hai lasciato lo spazio per custodire sentimenti nuovi. Adesso sai perché la cosa più pericolosa, nonostante l’orizzonte sia irraggiungibile, sta nel fermarsi; intuisci così che non hai altra scelta che continuare a camminare.