
Adesso che sei tornato cerchi di guardare dentro i giorni trascorsi dal 22 al 31 luglio.
Ci pensi ora incontrando i molti amici i quali, durante questo periodo, ti hanno trasmesso il loro entusiasmo che sommato al tuo ti ha fatto percorrere oltre 940 km.
Percepisci la curiosità nel sapere cosa porta a fare un’esperienza del genere e cosa succede una volta portata a termine.
Ma tu, semplicemente, NON LO SAI.
Hai però in mente tutte le sensazioni che in quei nove giorni passati sempre in sella alla
"Poderosa" si sono susseguite. I primi km non li hai percorsi coscientemente, ma in uno stato di eccitazione incontrollata, che hai sentito infiammarsi dentro all’arrivo a Bayonne, vedendo i primi zaini dei pellegrini e parlando con le prime persone che dal CAMINO DE SANTIAGO tornavano.
Poi sono arrivati i giorni dei dolori ovunque e delle energie che prematuramente sembravano esaurirsi, avrebbero potuto rallentare molto il viaggio ma invece sono state uno stimolo ulteriore alla tua testardaggine, a riprova che non si trattava di fare un giro un bici ma un impegno con te stesso, forse eccessivo ma irrinunciabile. Avevi fissato molto scrupolosamente le tappe che sono saltate sistematicamente, per l’incapacità di fermarsi e la bramosia nel voler arrivare.
Ma non hai perso per questo motivo il piacere nel percorrere in sequenza la Navarra, Rioja, Burgo, Castilla y Leon e Galicia; osservavi sempre il paesaggio che attraversavi in silenzio fermandoti a scattare fotografie, l’unica vera testimonianza tangibile che ti riporta laggiù. I villaggi così come le vigne o i campi di grano o di girasole non sono passati inosservati, li hai in mente tutti, magari confondendo un po’ i nomi.
Italo Calvino in Collezione di Sabbia dice “
Viaggiare non serve molto a capire ma serve per riattivare per un momento l'uso degli occhi, la lettura visiva del mondo” e la tua ingordigia di osservare è stata ampiamente soddisfatta e mai ignorata.
La percezione del
tempo si è trasformata, si è affievolita e ha dovuto lasciare il campo alla percezione dello
spazio; non importava il tempo impiegato, l’ora del giorno, il giorno della settimana ma era importante leggere l’orizzonte, la cartina delle altimetrie e cercare di dosare le forze in relazione delle montagne. Calcoli di chilometraggi e percentuali delle pendenza inusuali nella vita di ogni giorno, ma diventavano il pensiero quotidiano con la conseguente esultanza per il percorso lasciato alle spalle. Verificare con la fatica dove esattamente sta la tua soglia, il tuo limite, restare incredulo per riuscire a spostarlo in avanti proseguendo inesorabilmente come un Forrest Gump su due ruote. Ti ritrovavi, a tua insaputa, nel procedere spesso con la testa volta verso i piedi, osservando ipnotizzato il movimento dei pedali, regolare, continuo, pensando quante migliaia di giri le gambe magre e orgogliose hanno prodotto quel movimento che ti muovevano in avanti, sempre più avanti…
Poi partire da solo, a dire il vero una scelta forzata, è stata la chiave per sentirsi totalmente responsabile e artefice di ogni singola o irrilevante decisione ma soprattutto la chiave che ti ha permesso di incrociare le storie di tante altre persone e fatalmente condividerle; passare diversi giorni con Geert, un ragazzo belga con il suo strano carrellino agganciato alla bici, riuscire a ragionare – in inglese – su argomenti che in italiano fatichi ad affrontare emozionandosi reciprocamente al momento di salutarsi; parlare una sera intera con una splendida ragazza francese di temi ora superficiali ora personalissimi e accorgersi il giorno dopo di non sapere neppure il suo nome; ritrovarsi in una cucina di un cuoco cubano e preparare spaghetti all’amatriciana per 26 pellegrini di varie nazionalità che, sicuramente per fame eccessiva, ti ringraziano con una ovazione.
Queste sono le immagini che resteranno indelebili.
Certo è, e te ne rendi conto solo dopo aver condiviso momenti intensi con persone più disparate di ogni età e provenienza, che la religione non è il propellente principale di questa esperienza, se non per pochi fedeli,
questo è il prodigio misterioso del Cammino!
Ma a te, come a tutti, interessa solo arrivare davanti a quella Cattedrale, nient’altro, sai che lì c’è lo zero, che rappresenta tutto quello che hai rincorso non solo dalla partenza ma forse da molto più tempo, sai che lì davanti da centinaia di anni arrivano pellegrini stremati e piangono svincolandosi di tutte le tensioni personali, fisiche o chissà di quale altra natura. E così resti lì davanti, paralizzato per minuti che possono essere ore, attratto e respinto da quella imponente inquietante sagoma barocca. All’improvviso crolli, ancora una volta un fotogramma rinchiude una moltitudine di stati d’animo finalmente liberi da ogni sorta di inibizione, liberi di straripare senza alcuna esitazione.
Adesso hai la sensazione di infinito svuotamento ma a pensarci bene hai lasciato lo spazio per custodire sentimenti nuovi. Adesso sai perché la cosa più pericolosa, nonostante l’orizzonte sia irraggiungibile, sta nel fermarsi; intuisci così che non hai altra scelta che continuare a camminare.